Gangzhong, Cina (askanews) - La privatizzazione agraria in Cina stenta a decollare. La "rivoluzionaria" promessa del Partito comunista cinese di concedere a 600 milioni di contadini il diritto di acquistare e vendere appezzamenti di terra, ora ufficialmente di proprietà dello Stato, deve fare i conti con gli interessi delle autorità locali. Due anni fa Lu Jinliang aveva affittato un campo di pascolo a un vicino che intendeva allevare dei maiali. Ma i responsabili del governo di Gangzhong, località della Cina orientale nei pressi di Shangai, hanno demolito sei stalle accusando Lu di avere fatto un uso illegale dei terreni agricoli che non consentono l'allevamento di bestiame e minacciandolo di arresto. Secondo gli analisti, la privatizzazione delle terre agricole dovrebbe aumentare i redditi delle famiglie nelle aree rurali più povere della Cina con il dubbio vantaggio di spopolare le campagne incoraggiando l'urbanizzazione del paese. Questa politica è promosa dallo Stato per aumentare il livello di vita e ridurre le disparità economiche che stanno allargando sempre più la forbice tra poveri e super ricchi. Il caso di Gangzhong mostra però che le resistenze a questa riforma epocale sono tutt'altro che risolte e si trincerano nei piccoli feudi dei governi locali su cui le autorità centrali dovranno esercitare una problematica coercizione che dovrà spingersi ben oltre la semplice moral suasion. (Immagini Afp)