L'Operazione Colleferro è stato il sequestro più grande di equidi mai fatto in Italia, oltre 200 portati via dalla fame e dalla sete nel corso del 2013. Un caso clamoroso, soprattutto perché il maltrattamento di centinaia di cavalli, asini, muli, bardotti e bovini, protratto per lunghi anni prima del nostro intervento, avveniva sotto gli occhi di tutti, autorità e cittadini, ad opera di un personaggio locale che evidentemente riusciva a incutere un tale terrore da essere intoccabile. Un'operazione così imponente da richiedere la partecipazione congiunta della task force del Ministero della Salute, dei NAS, del Corpo Forestale, della Polizia di Stato, delle associazioni: anche questo non ha precedenti in Italia. Gli interventi sono stati divisi in tre fasi, dovendo coprire un'estensione di centinaia di ettari di terreno dove gli animali si erano ormai quasi tutti inselvatichiti, con complicate e pericolose operazioni di raduno, separazione, identificazione, cura, stallo provvisorio: portarle a termine senza feriti né umani né equini è stata un'impresa, considerate le circostanze e la mancanza di strutture adeguate. Il primo gruppo di equidi è stato sequestrato tra gennaio e febbraio 2013, il secondo ad aprile ed il terzo a giugno. Il lavoro sul campo è stato drammatico: tanti animali trovati morti o agonizzanti, in terreni dove i resti decomposti di cavalli comparivano ovunque. Quelli in più gravi condizioni sono stati portati in clinica, dove non tutti sono sopravvissuti. Per gli altri abbiamo dovuto provvedere a sistemare alla meglio due vecchie strutture fatiscenti, senza recinti sicuri, senza sorveglianza, senza neanche corrente elettrica. Tutto questo è stato possibile grazie ad una incredibile catena di solidarietà ed al clamore mediatico suscitato dalle immagini del sequestro. A parte alcune forniture ricevute da ditte farmaceutiche, tutti i costi sono stati coperti dalle associazioni grazie alle donazioni di privati cittadini: cibo, cure veterinarie, cliniche, trasporti, personale di custodia, indennizzo al proprietario di una delle due strutture. Senza contare gli innumerevoli viaggi dei volontari dell'IHP e del Rifugio degli Asinelli, dalla Toscana e dal Piemonte, e l'opera dei loro veterinari Agnese Santi e Luca Merlone.