L'uccisione del maiale per uso domestico in una famiglia contadina veneta. Ripresa in Super8 muto. Copar el porsel: avvenimento per certi versi tragico e per altri magico, comunque di grande impatto emotivo e di grande valenza economica. Tragico soprattutto se visto con gli occhi di oggi, perché nell'epoca in cui era praticata la macellazione familiare del maiale l'approccio nei confronti degli animali era diverso. Si guardava al sodo. E la sostanza era che dal maiale proveniva una buona provvista di carne, che trasformata in salumi durava per tutto l'inverno. Con un'appendice (almeno a casa mia, dove ho girato il filmino): la «soppressa con filetto» da servire in tavola nell'altro momento topico della stagione agricola, il pranzo collettivo alla fine della mietitura e trebbiatura del frumento. Tragico e magico per i tanti bambini che non volevano perdere il cruento spettacolo. Da un lato spinti a stare lontano dalle impressionanti urla del suino portato alla morte, dall'altro attratti dalla voglia di partecipare, dimostrare di non aver paura, osservare - sia pure a debita distanza - il momento culminante, quando il norcino (el porseèr) con un preciso colpo di coltello al cuore, uccideva il maiale. Un rito di passaggio ineludibile per chi era nato in campagna e sapeva di dover crescere con i prodotti della campagna. Evento magico alla sera, per tutti, al calore del fuoco della "cucina economica", con cibo e vino a sazietà (da ultimo il brulè). Gli adulti, stimolati dalla presenza del norcino - uomo che veniva da fuori, che girava per le case del paese e quindi del paese conosceva tutto e tutti - si lasciavano andare a ricordi e racconti. I bambini ascoltavano immersi in un'atmosfera che l'emozione e la stanchezza della lunga e intensa giornata, iniziata alle prime luci dell'alba, facevano sfumare a poco a poco verso un mondo irreale e fiabesco. (C.P.) * Il lavoro dei contadini (trevigiani/veneti)