L'obiettivo del governo è di sopprimere 1.300.00 posti di lavoro nei prossimi 3 anni e raggiungere, nel 2016, il 50% di lavoratori nel settore privato. Servizio di Filippo Pirillo. Cambiamento epocale nell'ultimo santuario del comunismo che di fatto apre al libero mercato. A Cuba, la crisi globale e l'embargo economico dei paesi occidentali che vige da 50 anni, cominciano a sortire i loro effetti: è ufficialmente cominciato il più grande processo di licenziameti collettivi dall'inizio della rivoluzione castrista nell'isola caraibica. L'obiettivo del Governo di Raul Castro è di sopprimere 1.300.000 posti di lavoro nel settore pubblico nei prossimi 3 anni. I primi tagli saranno fatti nel ministero dell' Industria dello zucchero, dell'Agricoltura, della Costruzione, della Salute Pubblica e nel settore del turismo. Le compensazioni al piano di licenziamenti sono molto ridotte e consistono in un mese di salario per ogni 10 anni lavorati: lo stipendio mensile medio a cuba e di 410 pesos, pari a 14 euro, che non garantisce la sussistenza ma è importantissimo nell'economia delle famiglie per arrivare a fine mese. Ma l'obiettivo finale del Governo e che il 50% dei cubani siano impiegati nel settore privato entro il 2016, per questo saranno concessi un maggior numero di licenze commerciali. I licenziamenti nell'Isla Grande vengono decisi con un processo a cui partecipa attivamente il sindacato unico del paese, la Central de Trabajadores de Cuba e le discussioni fra i lavoratori, il sindacato e l'amministrazione sono molto accese, per il timore di favoritismi e nepotismo.