Nei campi di mais irrigati e ben fertilizzati del sior Negroni [Guglielmo, quello dei liquori] a Canizzano, oltre al granoturco cresceva abbondante anche l’erba. A estirparla ci pensavano dei contadini poveri di Paese, che attraversando di buon mattino il Sile sui ponticelli - ora chiusi - dei mulini Granello “Benetin” di via Nogarè raggiungevano la campagna nella frazione del comune di Treviso, in via Spigariola. Dopo una giornata di “diserbo manuale” caricavano l’erba raccolta, soprattutto giavone [Echinochloa crus-galli], che veniva utilizzata come prezioso foraggio invernale per il bestiame. Il giavone veniva fatto seccare, dopo averne battuto le radici per liberarle dalla terra con il correggiato https://www.google.it/search?q=correggiato&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwiklNW8opTRAhVB1BoKHTqlCuUQ_AUICCgB&biw=1130&bih=556#imgrc=PbPaSYAo6oqMWM%3A , apposito strumento composto da due bastoni di diversa grandezza uniti con una cordicella (che un tempo serviva principalmente per “battere” il grano o sgranare i cereali). Questo strumento dell'agricoltura di sussistenza in dialetto trevigiano è chiamato batidór o bataúro . (Emanuele Bellò, Dizionario del dialetto trevigiano di destra Piave, ediz. 1991, tav. XVII). Testimonianza in dialetto di Guido Marini, nato nel 1934 a Canizzano e - fino ai primi anni ’50 - abitante con la famiglia di mezzadri dei Negroni in via Spigariola. TRASCRIZIONE «- Com’è la storia di quelli di Paese che venivano a prendere l’erba da voi? Perché da noi c’era l’erba [in mezzo al mais], perché lo irrigavamo. - Con cosa venivano? Con l’asino. - Da Paese, contadini, poveri. E per dove passavano [attraversavano il Sile]? Per i ponti, qua. - Del mulino? Sì, quello di Benetin, quello di Granello. - E riuscivano a passare per i ponti anche con il carro e l’asino? 00:37 Era grande, allora. - Era carro e asino o carro e buoi? Carro e musso [asino]. - Con un carretto, quindi, venivano. Sì, di quelle carrettine… - Passavano per il ponte di Benetin, che adesso è chiuso… Sì… - … e venivano da voi, in via Spigariola. Sì. - In quanti venivano? Tre quattro, quelli che avevano tempo. - Come facevano a levare l’erba, cioè come lavoravano? A mano, col culo per aria. Avevano anche la zappa, in mano, per tagliare via qualche gamba di giavone, di quello che veniva grande, quello dovevano estirparlo con la zappa. Poi, quando veniva sera, passavano a fare il giro, caricavano e portavano a casa». Registrazione: 28 novembre 2016, Sant’Angelo di Treviso. (Camillo Pavan) Sull’uso come foraggio del giavone, cfr. la testimonianza di mia sorella, file 16122901 (14:38-16:00). Dopo aver estirpato il giavone dal campo di mais, venivano sbattute le sue radici per eliminare la maggior parte della terra che trattenevano; poi lo si lasciava essiccare sul posto, lo si portava a casa e si battevano nuovamente le radici col "maele" [il correggiato] in modo di eliminare ogni traccia di terra. A questo punto il giavone veniva portato nella teza sopra la stalla per essere utilizzato come foraggio per l’inverno. * Passerella sul Sile - via Nogarè, chiusa e da riaprire vai all'articolo di Alessandro Bozzi Valenti http://tribunatreviso.gelocal.it/treviso/cronaca/2017/01/13/news/passerella-sul-sile-chiusa-sono-20-anni-riapritela-1.14701792?ref=hftttrec-7