Nato il 15 febbraio 1908. Era stato al Carpino Folk Festival nel 2007 con Salvatore Russo e i suoi amici Pio Gravina e Nunzio Mangiacotti. Nella sua lunga esistenza Francesco ha svolto vari mestieri legati al mondo della pastorizia e dell'agricoltura. Morto il papà quando aveva appena 4 anni, fu inviato dalla madre a fare il "pastorino" alla masseria Paglicci, in territorio di Rignano. Passò l'infanzia e l'adolescenza senza mai andare a scuola, in un periodo dove i bambini venivano impiegati nel lavoro per sostenere i bisogni economici familiari. Grazie ad uno zio e al patrigno Nicola, Francesco imparò l'arte del canto; così, divenne animatore di tante serenate in una San Giovanni Rotondo che contava negli anni Trenta circa 9000 abitanti. La serenata sangiovannese si apriva sempre con un sonetto iniziale: "Bellà mo' më në venghë chianë chianë / dretà la porta tójë m'avvëcinë / tróvë la porta apertë e më në traskë / tróvë la siggiulèlla e më rëposë / cë në vânë la padrona dë 'sta casa / giuvënottë che va' fa' 'nturnà 'sti rosë / jé so' vënutë pë' darëtë onôrë / se tu më dà' figghjëtë te chiamë mamma / se no të chiamë 'cifërë dëll'Infernë". In questo modo l'uomo chiedeva in sposa la ragazza amata alla suocera. Se questa acconsentiva il matrimonio era cosa fatta e lo sposo poteva chiamare "mamma" la suocera; in caso contrario, apostrofava la donna con l'appellativo di "Lucifero dell'Inferno". I canti per l'innamorata potevano cambiare di caso in caso, a seconda di chi ci si ritrovava di fronte. Anche alla sua amata Carmela Francesco aveva in mente di dedicare una lunga serenata, ma non la inscenò mai, per paura della reazione dei suoi genitori; infatti, i genitori di Carmela erano contrari al "parentato", perché benestanti e non volevano assolutamente che la loro figliuola sposasse un pastore analfabeta. Alla fine, però, Francesco riuscì a sposare Carmela a 23 anni. Da allora visse nella località "Valle dell'Inferno", a pochi chilometri dal paese. Qui, nei lunghi anni che lo videro a "padrone" o come libero pastore, riuscì a metter su una piccola fortuna, formata da 520 pecore, 50 capre e 40 vaccini (mucche da carne e da latte). In un giorno, a piena attività, riusciva a produrre fino a 12 kg di ricotta, 20 kg di formaggio e tantissime mozzarelle e caciocavalli. Per questioni legate al furto di alcuni capi di bestiame fu anche imprigionato e passò otto lunghi mesi tra le sbarre. Lui si è sempre dichiarato innocente. Si trattava, a suo dire, di una vendetta ordita ai suoi danni da un suo ex-dipendente. Accadde tutto durante il fascismo. Per fortuna, però, anche questa volta gli andò bene. Infatti, la moglie, che sapeva leggere e scrivere, sentito il parere del podestà sangiovannese (in realtà trattò con la consorte del capo fascista), inviò una missiva direttamente a Benito Mussolini, chiedendo la grazia per suo marito. Il Duce, stando alla versione di Crisetti, firmò l'atto di scarcerazione dopo alcuni giorni e lui fu subito libero di ritornare a casa ad accudire i figli e l'amata Carmela. Per l'accaduto pensò di confessarsi da Padre Pio. La prima volta il futuro Santo del Gargano rifiutò di accoglierlo, perché stanco o perché occupato con altri fedeli. La seconda volta, invece, lo fece accomodare al confessionale accogliendolo con tanta allegria, come fossero amici fraterni. San Pio gli disse di non lamentarsi per aver passato quei mesi in galera da innocente, perché anche Cristo fu crocifisso senza peccato. Soddisfatto se ne ritornò a casa. Tornando alle serenate, la scena canora, accompagnata il più delle volte dalla sola chitarra battente o anche da tamburello, armonica e "bughëdëbù" (tamburo a frizione: un strumento tipico della tradizione popolare pugliese e meridionale, fatto con un recipiente in creta o in metallo e una pelle ben tesa e dotata di un foro centrale, attraverso cui veniva issata un'asticella, la stessa che, fatta vibrare con un movimento sussultorio, produceva un tipico suono cupo dalle basse tonalità), veniva chiusa con un canto di "bona sera": "Iammëcë a rëtërà iè fattë notta / li bellë ci stannì aspëttannë / allà fënästra cicata dë sônnë / tu donnë che sta' fa perdë sônnë / jì quannë vaj'a casa e jabb' a mamma / ritornë alli tuo fianch'a farëmë nu sônnë / më vurria fa nu sônnë alli toi fianchë / se ji më putèssë rëpusà / la vucëlla indë la macchia / volë e zompë 'm pèttë a te / vajë a casa e lu dichë a mamma / quannë më 'nzorë më pigghj'a té / bonasera padronë dë ca'/ cë vulimë a ié rëtërà / lu bonasera e ijé lu lascië a tuttë / lu padronë dëlla casë chiù dë tuttë". ( segue su http://www.sgr.fg.it/san-giovanni-rotondo/citta/489-morto-il-cantore-popolare-francesco-crisetti.html )