*[ninnananna sivigliana - lullaby from Sevilla] KORA JALIYA: UN OMAGGIO di Daniela Battisti (Pesaro-Italy, Aug. 2008) La kora è un'arpa liuto o "a ponte" africana originaria dell'antico Mali, diffusa in Gambia, Senegal, Guinea, Guinea Bissau e Costa d'Avorio. L'arte di suonare la kora (kora jaliya) era appannaggio della casta endogamica di musicisti professionisti della società Mandingo, conosciuti con il nome di Jali (Djelì) o Griot, che nel 13° secolo ricoprivano in Africa un ruolo sociale analogo a quello rivestito in Europa dai contemporanei Trovatori, Trovieri e Bardi. Un sapere passato oralmente di padre in figlio, per linea rigorosamente maschile. I brani tradizionali per kora hanno precisi elementi codificati rimasti invariati nei secoli, sui cui poi i singoli artisti aggiungono parti non tradizionali. Il termine Djelì indica qualcosa di profondo e molto rispettato, qualcosa di più di un gruppo etnico. Non si cantano le loro canzoni senza il loro permesso, senza averne appreso a fondo il significato tramandato da uno di loro. Essendo portatori orali di questo retaggio, alla morte di ognuno è come se andasse perduta una biblioteca intera. La kora è costruita partendo da una grossa calebasse o calabash, che è un tipo di zucca non edibile molto comune in Africa, pelle di vacca o antilope o capra, due bacchette, un grosso chiodo di ferro ricurvo, fili da pesca e un lungo bastone di legno duro, senza nodi. Le chiavi o bischeri sono una modifica moderna e sostituiscono sul bastone centrale i tradizionali anelli di pelle di mucca intrecciata, con cui si mettevano in trazione le corde. I materiali hanno una precisa simbologia: la mezza zucca è la terra, il legno è il regno vegetale, la pelle è il regno animale, l'anello di ferro a cui sono legate insieme tutte quante le corde è la magia che collega i vari mondi e sta alla loro base. Il musicista dovrebbe costruirsi la sua kora e dipingervi all'interno i propri simboli di potere, prima di chiuderla con la pelle. Ogni corda ha un nome e un ruolo "sociale" ben definito, una identità che va al di là della nota musicale. Lo strumento unisce caratteristiche modali e tonali e perciò ben si presta alla esecuzione anche di musiche popolari dell'area mediterranea e "celtica". Il video di questo recital didattico che ho tenuto a Pesaro nell'agosto 2008 e la mia stessa tecnica sono amatoriali, con essi desidero offrire un omaggio di donna bianca a una pratica strumentale poco diffusa in Italia, ben consapevole che essa è tradizionale appannaggio degli uomini e che occorrerebbe apprenderla direttamente dalla sua madre, l'Africa...