non a Milano soltanto, ma in altre città di Lombardia e del Veneto, si chiamano "fiere di Sinigaglia" quelle fiere, o piuttosto semplici mercati, in cui si vende di tutto, confusamente e, di solito, con prevalenza di roba vecchia. E probabilmente dal solo carattere di assai vario emporio deriva la comunanza di nome, percui anche il piccolo mercato di rifiuti che ha luogo in un angolo eccentrico di Milano, si confonde con la più celebrata delle grandi fiere italiane. E v' è, in questa omonimia derivata da una rassomiglianza di scarsissima importanza, un gusto umoristico di contrasto che attrae maggiormente verso la più povera, la più risolutamente cenciosa, la più miseramente popolare e, quindi, la più caratteristica fra tutti i tradizionali commerci milanesi all'aria aperta, da Porta Genova a Porta Ticinese. La fiera di Sinigaglia dura da molto tempo e non si parla ancora, in questa età delle soppressioni, di volerIa sopprimere. Mentre le grandi tradizioni languono o si disperdono, portate via dal vento di modernità che tende a far tutte le città simili tra loro e simili tra loro tutti i quartieri d'una stessa città, le piccole tradizioni, le più gracili, quelle che paiono aspettare, per morir nel silenzio, un cenno appena di qualche assessore dal genio geometrico, vivacchiano sempre con una tenacia .inerte, custodite dalla loro stessa umiltà come da una penombra protettrice. La Fiera di Sinigaglia, sia per la sua antica origine sia per l'originalità dei suoi banchi, era considerata dall'Amministrazione Comunale una risorsa turistica e culturale per la città di Milano.