"La Leggenda di Sarnano" DocuFilm di Umberto Nigri (2003). Sarnano 1944, storia di un calcio che resiste Un documentario di Umberto Nigri ricostruisce una partita tra partigiani e nazisti nell'Italia occupata. Entrano proseguendo d'un fiato la corsa giù dai boschi, per una porticina. E sono in campo, in undici. Pronti, maglie e braghe corte. Le scarpe, invece, quelle sono da montagna. Partigiani, fuggiaschi scesi fin dentro il paese dalla montagna sicura. Il pallone è già lì. Gli avversari pure. Sono tedeschi, occupanti, nazisti. Sui quattro angoli, stesi accanto alle bandierine, altri soldati, con i fucili in braccio. Poi l'arbitro fischia, si gioca. Sarnano, 1 aprile 1944. Una storia dimenticata, una piccola storia di quei giorni grandi, in cui l'Italia resisteva e immaginava la nuova libertà. La storia di una partita di calcio che diventa metafora di coraggio, lealtà, riscatto. Ma anche di terrore, sopruso, dominio. A soffiare sulla polvere del tempo, che aveva conservato quel giorno a fatto privato, ecco La leggenda di Sarnano, un documentario di Umberto Nigri che fa vivere ancora l'aria e l'odore di quella gara. Rigiocata attraverso il ricordo di Libero Lucarini e di Mimmo Maurelli, gli unici protagonisti di quel giorno di 59 anni ancora vivi. Che raccontano, parlano, si parlano, qualche volta si rimbrottano i particolari, gli istanti di quei momenti. Due storie diverse, quella di Libero e quella di Mimmo, che s'incrociano in un piccolo paese in provincia di Macerata, arroccato sui Monti Sibillini. Prima della guerra Libero costruiva macchine agricole assieme al padre. Poi la divisa. Va a Roma, poi Castel Gandolfo, Montecompatri. Arriva l'8 settembre. La compagnia viene tenuta rinchiusa in caserma, c'è pericolo di linciaggio. E allora, prima del rompete le righe caotico di quei giorni, il capitano raccoglie abiti civili per i suoi uomini, che poi si buttano ciascuno per la propria strada. Libero sale sul primo treno, torna a casa, nelle Marche. Ma per stare sicuri bisogna nascondersi, nei boschi. Fuggiasco insieme ad altri amici. Perché i tedeschi sono dappertutto: stanno risalendo verso nord dopo la rotta di Montecassino. Mimmo invece ha combattuto in Albania e in Grecia. Poi torna a Roma. Quando gli Alleati bombardano S. Lorenzo, lui è chiamato a spalare tra le macerie, tra le braccia dei sepolti. Poi l'armistizio, l'esercito in pezzi. Ci sono i manifesti che minacciano la fucilazione per chi diserta. Mimmo torna a Sarnano e diventa partigiano. Attorno i primi "lanci" degli americani, che paracadutano viveri, medicinali, soldi e sigarette. E le imboscate alle pattuglie tedesche, le ritorsioni. A marzo 3 nazisti vengono ammazzati, i militari aprono la caccia a Decio Filipponi, capo della banda partigiana di Piobbico. Iniziano anche le minacce di rastrellamenti in paese. Alla fine lo prendono. E l'impiccano nella piazza di Sarnano. Ma dal rapporto vivo tra carnefici e vittime nascono anche frutti all'apparenza sfuggenti. Come una partita di calcio tra nazisti e partigiani. Il sergente che controlla il paese la vuole a tutti i costi. E convoca Mario Maurelli, arbitro di serie A che ha diretto anche in Germania. È lui che deve organizzare, insieme a Mimmo, il fratello che farà da collegamento con i clandestini. Altrimenti, la minaccia del sergente, ci saranno altri morti. In cambio, a chi si presenta verrà risparmiata la deportazione. Iniziano le trattative. E alla fine, quel 1 aprile, al campo sportivo i partigiani e i fuggiaschi ci sono davvero. Si inizia. I tedeschi con il pallone tra i piedi sono crucchi, e i partigiani segnano con il centravanti Grattini. Ma si esulta poco, anzi qualcuno si preoccupa. Arriva l'intervallo, e negli spogliatoi si parlotta: «Qui bisogna farli pareggiare, altrimenti rischiamo grosso... ». Si ricomincia. Mimmo commette fallo su un tedesco, quello reagisce, salomonico Mauro manda fuori tutti e due. Solo che Mimmo sbraita, l'altro saluta con l'attenti. Si chiama Kobler, morirà un mese dopo in un'imboscata. La partita prosegue, mancano 5 minuti. Ci pensa Libero, che quel giorno gioca terzino destro: «Un tedesco viene verso di me, io faccio finta di scivolare e lo lascio solo davanti al portiere, così pareggia». Nessuno protesta, perché adesso la partita è vinta. Poi l'arbitro fischia, finita. Mimmo e Libero non si guardano nemmeno intorno, continuano a correre, più forte, di nuovo su verso la montagna. S'erano giocati a pallone un pezzo di libertà. Info:https://www.facebook.com/sezionedeciofilipponi