LA STORIA DI ZAHER REZAI, RAGAZZINO AFGHANO MORTO SOTTO LE RUOTE DI UN TIR A MESTRE da Il Gazzettino del 19 dicembre 2008 di Giuseppe Pietrobelli La vera storia di Zaher Rezai, nato in Afghanistan e venuto a morire sotto le ruote di un Tir alla periferia di Mestre, non la potrà mai raccontare nessuno. Potrebbero farlo soltanto il vento della sua terra lontana, la sabbia del deserto al confine con l’Iran, le rocce delle montagne che ha superato con fatica e ostinazione, i cassoni dei camion che correvano veloci su strade polverose dentro i quali ha trovato rifugio, i mafiosi che gli hanno chiesto il denaro che non aveva, i soldati che lo hanno perquisito, i poliziotti che lo hanno arrestato, i magistrati che lo hanno espulso, i compagni di viaggio che ha perduto, i passeurs avidi che l’hanno condotto in riva al mare, i passeggeri dell’ultima attraversata verso Venezia. Ogni pezzetto di Zaher Rezai è sparso lungo i seimila chilometri che dividono l’Afghanistan dall’Italia. Un poeta afghano ha scritto: «Se un giorno la morte si porterà via il mio corpo, sia posto in un luogo elevato così che il vento restituisca alla mia patria il mio profumo». Quel ragazzo la pensava così, come testimonia il suo taccuino: «Questo corpo così assetato e stanco forse non arriverà fino all’acqua del mare». A differenza di altri esuli, lui ha raggiunto la riva. 8 Km. Perdere la vita a otto chilometri dalla richiesta di asilo Le ultime frasi scritte da Zaher Rezai, quelle che aveva in tasca la notte che ha perso la vita schiacciato dal tir sotto il quale si era nascosto per sfuggire ai controlli di frontiera del porto di Venezia. Se un giorno in esilio la morte deciderà di prendesi il mio corpo Chi si occuperà della mia sepoltura, chi cucirà il mio sudario? In un luogo alto sia deposta la mia bara Così che il vento restituisca alla mia Patria il mio profumo “Sono talmente tante volte approdato alla barca del tuo amore che o raggiungerò il tuo amore o morirò annegato”. "Giardiniere, apri la porta del giardino; io non sono un ladro di fiori, io stesso sono diventato fiore, non vado in cerca di un fiore qualsiasi”. “Io che sono così assetato e stanco forse non arriverò fino all’acqua del mare.Non so ancora quale sogno mi riserverà il destino, ma promettimi, Dio, che non lascerai passare la primavera”