Nuova filiera, accordo tra Consorzio e salumificio Murru. L'azienda di IRGOLI curerà la lavorazione della carne e la commercializzazione. Censiti e schedati uno per uno, i maiali di pura razza sarda non avranno più segreti per i consumatori che potranno trovarne la carta d'identità pure su Internet. «Basta andare sul nostro sito: vogliamo dare garanzia di massima tracciabilità e trasparenza dell'origine del prodotto», dice Valerio Ecca, presidente del Consorzio produttori del suino di razza sarda, sodalizio nato (senza alcun aiuto) lo scorso agosto e che riunisce una ventina di aziende in tutta la Sardegna. Ieri l'annuncio della collaborazione col salumificio Murru di Irgoli, industria fondata nel 1965 e cresciuta nonostante la peste suina africana e tutto il resto. «Avviamo col consorzio un progetto di valorizzazione della razza suina autoctona - sottolinea Rosaria Murru, direttore commerciale dell'azienda -. Noi curiamo la trasformazione della carne, la commercializzazione e la promozione». Il Salumificio Murru si fa traino della riscossa del suino sardo in un mercato diventato quasi impermeabile proprio per via delle limitazioni legate alla peste suina africana, trasformate col tempo in un marchio di qualità al contrario. Saranno due le nuove linee di produzione: quella dei prodotti di suino sardo doc e quella del biologico. A gennaio arriveranno nei banchi frigo dei supermercati le prime bio salsicce sarde, prodotto destinato a contendersi assieme a tante specialità regionali una importante nicchia di mercato. «Si tratta di due linee diverse - sottolinea Rosaria Murru -. Quella del suino doc prevede la lavorazione di carne esclusivamente locale, maiali censiti e allevati allo stato brado e semibrado secondo le disposizioni di legge. La filiera del biologico, invece, prevede disciplinari diversi, con certificazioni che vengono rilasciate da enti vari». IL BOLLINO. Le salsicce bio, insomma, avranno il bollino che dà garanzie al consumatore sul fatto che il maiale si è fatto grande in un ambiente incontaminato e ha mangiato pastoni naturali. Il punto, però, è che non necessariamente il suino biologico è di razza sarda. «Potrebbero essere destinati a questa filiera quei maiali che - spiega il presidente del Consorzio Valerio Ecca - per le loro caratteristiche escludiamo dal registro anagrafico». LA CARTA D'IDENTITÀ. I maiali di pura razza sarda (riconosciuta con decreto nel 2006) hanno caratteri ben precisi: taglia piccola, arti corti e robusti, setole lunghe, orecchie basse, coda cosiddetta cavallina. Sono 42, finora, le aziende iscritte al Registro anagrafico (tenuto dall'associazione nazionale degli allevatori). «Solo dodici fanno parte del consorzio, le altre sono piccole, con cinque, dieci scrofe. La nostra sfida - puntualizza Valerio Ecca - è aiutarle a crescere e garantire concrete prospettive e opportunità di lavoro a tanti allevatori. È questo l'unico modo per sconfiggere la peste suina: garantire un profitto a chi sta in campagna». LA TRADIZIONE. Salsicce, prosciutti e lardo verranno lavorati secondo il metodo tradizionale, con i profumi e i sapori da sempre utilizzati in Sardegna. Gli allevatori conferiscono al consorzio, le bestie vengono macellate nel mattatoio di Samassi affiliato al sodalizio, la carne viene lavorata a Irgoli. «Puntiamo al mercato europeo. Cominciamo col poco - dice Rosaria Murru - cresceremo via via». Una nuova sfida all'insegna del sardo doc per l'industria che 45 anni fa cominciò lavorando proprio i maiali locali e che oggi trasforma ogni anno 2800 tonnellate di carne, di cui, causa restrizioni su peste suina e soprattutto scarsa materia prima (18 mila aziende, in media 13 capi ciascuna), solo il 3 per cento proveniente da allevamenti isolani.