Un sodalizio avrebbe guadagnato in poco più di quattro mesi ingenti somme di denaro derivanti dall'illecita produzione e commercializzazione di grasso fuso per uso zootecnico detto "colato". Da qui il nome dell'operazione "Oro colato", portata a termine dal Corpo Forestale dello Stato su richiesta della Procura della Repubblica di Trani. 68 soggetti hanno ricevuto in data odierna la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari. Si tratta di amministratori, soci e dipendenti della I.DA.PRO. Srl e della F.lli CAVALIERE Srl di Andria, aziende leader nel mezzogiorno d'Italia per la raccolta, trasformazione e messa sul mercato di materie prime derivanti da sottoprodotti di origine animale. Nel solo periodo che va da maggio ad ottobre 2009 le aziende in questione avrebbero avuto un volume d'affari superiore a 3 milioni di euro. La normativa vigente indica che i sottoprodotti di origine animale sono suddivisi in due gruppi: quelli di categoria 3 composti da scarti derivanti dalla lavorazione delle carni che sono considerati a basso rischio infettivo e sottoprodotti di categoria 1 identificabili nelle carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione ed in tutte quelle parti anatomiche ritenute infettive, che vanno quindi trattate in maniera differente. La categoria 3 è utilizzata per ricavarne grasso fuso e farine animali mentre quella di categoria 1 deve essere obbligatoriamente eliminata in quanto ritenuta rifiuto speciale. In nessun modo devono quindi essere inseriti nella catena alimentare dell'uomo né direttamente né indirettamente perché sono a rischio BSE più comunemente noto come "morbo della mucca pazza". I due tipi di sottoprodotti devono quindi essere lavorati in impianti e con attrezzature completamente diverse. Allo scopo di risparmiare sui costi di lavorazione, le ditte andriesi facevano confluire nella catena del riutilizzo il maggior quantitativo di sottoprodotti, indipendentemente dalla categoria di appartenenza. Tutto ovviamente coperto da una documentazione fasulla. I sottoprodotti erano lavorati nello stesso impianto e quelli pericolosi per la salute dell'uomo venivano spacciati per buoni. L'organizzazione poteva avvalersi di numerosi mezzi per il trasporto degli scarti e su una rete di 5 macelli che fornivano gli stessi quotidianamente. L'ipotesi di reato contestata è quella di associazione per delinquere finalizzata al compimento di diversi reati: traffico illecito di rifiuti, falso ideologico, frode in commercio, truffa aggravata, emissione di fatture a fronte di operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture per operazioni inesistenti, omissione in atti d'ufficio a carico di 13 veterinari ufficiali in servizio presso i vari macelli che, reiteratamente, hanno permesso l'innesco delle condotte illecite accertate. Sono inoltre indagati per partecipazione all'associazione a delinquere anche gli amministratori di quattro società che nel periodo d'indagine hanno gestito gli impianti di transito ubicati in comuni delle province di Foggia, Brindisi, Lecce e Teramo.