Le parole pesano come pietre quando a pronunciarle è Liliana Segre. Lei che è sopravvissuta allo sterminio di Auschwitz ha trovato la forza di raccontare dopo un lungo silenzio la tragica esperienza vissuta da adolescente nel lager. Da venti anni porta la sua testimonianza in pubblico incontrando soprattutto i giovani a cui consegna l’arduo compito di non far dimenticare la più grande tragedia del Novecento. In occasione della Giornata della Memoria, 27 gennaio data che ricorda la liberazione del lager di Auschwitz nel 1945 da parte dell’esercito russo, risuonano ancora ferme e forti le sue parole tratte da un’intervista al TG Marche della Rai dieci anni fa. Liliana Segre vive a Milano, la sua città, ma è spesso nelle Marche. Pesaro le ha conferito la cittadina onoraria. Auschwitz è lontana ormai 70 anni, ma appare ancora così vicina e drammatica nella sua testimonianza. La persecuzione della sua famiglia ebrea, il carcere, la deportazione, lei appena tredicenne, il viaggio nei vagoni bestiame, fino ad Auschwitz, il distacco definitivo dal padre, il tatuaggio indelebile sulla pelle con il numero 75.190, la lotta per sopravvivere nel campo di sterminio, fino all’”ebbrezza” provata alla riconquista della libertà: tutto quanto riaffiora dalla memoria lei lo racconta con estrema lucidità. “Sono convinta - sostiene Liliana Segre - che almeno uno su mille di quei ragazzi che vengono ad ascoltarmi, raccolga la fiaccola e si ricordi di aver incontrato una vecchia signora con la sua storia”.