.I saracini (cosi vennero chiamati gli arabi in occidente) mossero alla conquista della sicilia(827) dopo aver conquistato le isole di Malta e di Pantelleria. Durante i 200 anni della dominazione, gli arabi essi portarono le culture, la poesia, le arte le scienza orientali che misero radici nell'antico suolo della sicilia. Alcuni personaggi importanti vissuti nell'epoca islamica della Sicilia, si distinsero nelle tecniche, nel diritto, nelle lettere e nelle scienze fra cui i poeti Ibn Hamdis e al Ballanubi, il giurista Imam al Mazari , il filosofo Ibn Zafer, Muḥammad b. Khurasan, Isma'ill b. Khalaf, Yaḥya b. ʿUmar, ʿAbd al-Raḥman b. Ḥasan, Jaʿfar b. Yusuf e Ibn al-Khayyaṭ. Negli studi linguistici si ricordano Musà b. Asbagh, Abu ʿAbd Allah Muḥammad al-Kattani e Saʿid b. Fatiḥun. Se nell'oggettistica le tracce musulmane sono numerose e visibili, in architettura invece il periodo islamico non ha lasciato tracce dirette di sé (si discute dell'originalità del Bagno di Cefalà Diana, degli ambienti inferiori della Cappella Palatina, del castello della Cannita, di tratti del complesso di San Giovanni degli Eremiti e di altri luoghi in Sicilia, tra cui rare tracce sporadiche presso la Valle dei Margi), se non esigui resti archeologici, come l'unica moschea fin qui nota, presso il Teatro diSegesta. Il motivo risiede forse nel fatto che i musulmani in parte si erano limitati a destinare a nuovo uso e a modificare edifici e strutture preesistenti ma, assai più significativa sarebbe stata la volontà di cancellare il ricordo del periodo islamico a guidare l'intento distruttivo delle nuove autorità dell'isola, messo in atto a partire dal periodo angioino. Molte testimonianze artistiche sarebbero state volutamente cancellate, così come avverrà più tardi nella Spagna della Reconquista cristiana. Un'evidente traccia di architettura musulmana in Sicilia rimarrebbe, dunque, nei soli edifici realizzati dai normanni - in tempi alquanto posteriori - ricorrendo a manodopera islamica, fra cui si possono ricordare il Castello della Zisa (dall'arabo ʿAziza, "Meravigliosa"), il Castello della Cuba (dall'arabo qubba, "cupola") di cui faceva parte la Cubula (la "piccola Cuba") - entrambe collocate in un complesso lacustre artificiale, circondato da un'estesa foresta, cui fu dato il nome di Jannat al-arḍ, "Il giardino - o paradiso - della terra": il Genoardo. Si ricorderanno anche la Cappella Palatina (cioè di Palazzo) e il parco reale della Favara, dall'arabo Fawwara, "sorgente". D'altra parte, non si possono non tenere in conto le osservazioni dello storico Peri: "Le spade normanne per quanto affilate e pesanti non valevano a rompere le pietre; e non sembra che i normanni abbiano prediletto distruggere le città occupate con il fuoco, accanimento dal quale comunque le pietre almeno non sarebbero state distrutte né gli edifici sradicati dalle basi". In definitiva, Peri attribuisce l'assenza quasi totale di tracce di un'architettura civile o monumentale in Sicilia dei due secoli di dominazione araba al fatto che i conquistatori berberi importarono sull'isola abitudini abitative tipiche delle coste africane prospicienti: utilizzo del legno per le costruzioni e, soprattutto, trogloditismo, cioè tendenza ad abitare le caverne. Va notato che parte dell'architettura dell'epoca fu anche riutilizzata nei secoli successivi e inserita in altri contesti. Ad esempio nel portico sud della Cattedrale di Palermo si trova ancora una colonna con un'iscrizione araba, probabilmente originale, che riporta il versetto 54 della sura 7 del Corano, detta "del Limbo", che recita "Egli copre il giorno del velo della notte che avida l'insegue; e il sole e la luna e le stelle creò, soggiogate al Suo comando. Non è a Lui che appartengono la creazione e l'Ordine? Sia benedetto Iddio, il Signor del Creato!". Diverse e numerose tracce invece si notano nella lingua (specie nel lessico legato all'agricoltura e alle scienze idrauliche) e nella toponomastica. Restano ancora poco conosciute tracce di iscrizioni cufiche che se valorizzate potrebbero invece ricostruire un tessuto storico valido per la ririvalutazione di un periodo storico affascinante. Fra queste vi è una testimonianza di fede=sciadda (leggasi shahada) sul Monte Altesina nella provincia di Enna.